I Promessi coni

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Solo una volta a settimana

Autore: Elisa Falasca

Come ogni pomeriggio, Caterina prese il suo borsone, salutò le sue compagne di corso e uscì dal camerino della scuola di danza. «Ciao Cate! Torni a casa questo weekend?» le chiese la segretaria, sempre curiosa sul tempo libero degli allievi. «No, signorina Faragalli, devo studiare!» esclamò alzando gli occhi al cielo, ma col sorriso di chi sa che il giorno successivo sarà domenica. «Riposati, però! La prossima settimana ci sono gli spettacoli e dovete dare il massimo» le raccomandò la signorina col suo solito tono perentorio. Era un torrido sabato di inizio giugno a Roma e l’asfalto si scioglieva col semplice calpestio dei sandali. La stazione della metro non era troppo dostante, quindi Caterina decise d’incamminarsi a piedi verso Piazza San Giovanni. Adorava girare da sola perché poteva fermarsi quando voleva, guardare le vetrine e scoprire nuovi vicoli. Roma per lei era la città più affascinante del mondo e non perdeva occasione per scoprirla in ogni sua parte percorrendola a piedi o scendendo ogni volta a una fermata della metro diversa. Aveva solo due ore e mezza di tempo prima della cena, quindi doveva accelerare per non ritardare il rientro, altrimenti Suor Celina chi la sentiva! Caterina alloggiava in una casa per ferie gestita da suore domenicane dove si cenava alle otto in punto. Per annunciare le ore dei pasti suor Ambrosia, la cuoca, suonava la campanella, proprio quella delle scuole. La struttura fino a qualche anno prima ospitava una scuola primaria e secondaria, perciò Caterina e le sue tre compagne di stanza dormivano in un’aula enorme dalle pareti verdi in una delle quali era ancora attaccata la lavagna. Tenevano i loro vestiti negli armadietti per i libri e facevano i loro compiti sui banchi. Era tutto così normale per loro! Ciò che più interessava alle ragazze era la danza, che era poi il motivo per cui così giovani si erano trasferite da tutta l’Italia a Roma: frequentare la prestigiosa scuola di danza del Teatro dell’Opera. Per questione di tempo o d’impegni legati agli spettacoli non tornavano a casa tutti i weekend, e questo era uno di quelli.

Caterina scese le scale della metro e vide che le porte stavano per chiudersi, così fece un grand jeté e balzò sul vagone. Non c’era posto a sedere: posò a terra il borsone accanto a uno dei pali d’acciaio e con la gamba destra lo agganciò stringendo forte le gambe, in modo da avere le braccia libere per reggere il libro di filosofia. Lunedì avrebbe avuto l’ultima interrogazione e prendere un bel voto le avrebbe permesso di alzare un po’ la media. Non era semplice conciliare i suoi impegni, ma era talmente viva in lei la passione per la danza che era sicura di raggiungere ciò che desiderava fin da bambina. Per arrivare a Roma Termini bastavano tre fermate, quindi dieci minuti dopo era già in stazione. Lì s’incrociavano tutte le linee della metro e c’era la stazione ferroviaria più grande del centro Italia. Si vedevano passare persone provenienti da tutte le parti del mondo, vestite nei modi più disparati. Già salendo le scale che portavano a Piazza dei Cinquecento Caterina era investita da zaffate di cipolla, peperoni fritti, pizza appena sfornata, caffè bruciato, zucchero filato e marshmallow. Una fame! Lo stomaco di Caterina faceva le fusa! Neanche il litro e mezzo d’acqua che aveva bevuto per tutto il pomeriggio l’aiutava a non sentire i crampi. Allora giù per via Cavour, arrivata a Piazza dell’Esquilino girò a destra e poi su per via Depretis. «Per favore mi dà un cono da due euro con stracciatella e cioccolato?» domandò con un gran sorriso. «Vuoi la panna sopra?» chiese la commessa. «No no grazie, è già abbastanza!» disse Caterina agitando la mano. Ringraziando uscì dalla sua gelateria preferita. Non era di quelle moderne, con banconi pieni di gusti diversi, era piccola e curata ma faceva gelati alle creme migliori anche di Giolitti, la gelateria più buona della città. Gustando il suo gelato si avviò lentamente verso il Teatro dell’Opera. Non c’era nulla in cartellone per quella sera ma, come era solita fare, entrò dall’ingresso artisti salutando Paolo, l’usciere del teatro, sempre mangiando il suo gelato. «Caterina, avete prova oggi?» chiese lui un po’ ironico. «No Paolo, ma posso andare a vedere se ho lasciato una cosa in camerino?» disse lei, fingendo che si trattasse di una questione di vitale importanza. «Va bene, lo sai però che non si mangia in teatro e soprattutto scendi subito altrimenti stavolta chiamo la tua direttrice!». Neanche il tempo di fargli finire la frase e Caterina stava già salendo la prima rampa di scale, ma invece di continuare verso il corridoio che portava ai camerini girò a sinistra ed entrò in platea. Il direttore d’orchestra era intento a parlare con i suoi musicisti e i ballerini del corpo di ballo stavano provando sul palco. Il gelato era arrivato al cono. Per fortuna non erano accese le luci di servizio, così sarebbe stato più difficile per loro vederla. Caterina camminava in punta di piedi per far sì che nessuno si accorgesse di lei: le prove non erano mai aperte ai non operatori, ma da allieva della scuola del Teatro lei si riteneva autorizzata ad assistervi. Giunta al solito posto al centro della platea, si sedette assaporando l’ultima parte del cono e, quasi in estasi, gustando la sua Giselle, terminò il suo gelato, un lusso che si concedeva solo una volta a settimana.

 

Elisa è un’insegnante di danza. Svolge la sua attività dal 2003, dopo aver ottenuto il diploma di ballerina professionista presso la Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma. È stata allieva di importanti figure della danza mondiale come Elisabetta Terabust, Alexander Floris, Laura Comi, Giovanni Rosaci, Ricardo Nunez, Alessandro Molin, Fabrizio Monteverde, Milena Zullo, Emanuela Tagliavia e tanti altri. Da settembre 2013 organizza annualmente “Teramodanza Concorso Internazionale Città di Teramo, con una prestigiosa giuria, alla quale prendono parte ragazzi provenienti da tutta Europa. Nel 2017 riceve il premio Annino Di Giacinto per aver contribuito alla crescita di Teramo.

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